Agata è la più bella, brava, simpatica e intelligente al mondo. O meglio, lei si sente così.
Lei chiama, papà e mamma corrono. Comanda, loro obbediscono.
Ma ben presto l’idillio si rompe: bisogna cominciare ad andare a scuola. E lì i bambini sono
tutti uguali. Ad Agata sale una rabbia incontenibile, che cresce ogni giorno di più, fino a
prendere la forma di un mostro, il suo piccolo mostro.
Agata incarna il desiderio narcisistico di onnipotenza e la malinconia per la perdita
dell’attenzione esclusiva presente in ognuno di noi; il suo piccolo mostro, amico
immaginario e iperbolico, spaventato e insicuro, si veste di boria e aggressività per riuscire
a reggere il confronto col mondo.
In questo spettacolo sono molti gli aspetti che raccontano con seria ironia una parte della
nostra contemporaneità di adulti e bambini: la difficoltà per i genitori di saper essere guide
autorevoli e al contempo figure d’amore, la criticità del passaggio dalla famiglia-nido al
mondo esterno, la problematicità nella gestione della frustrazione e della rabbia.
Le difficoltà diventano però occasione di conoscenza e di crescita per Agata, e non solo
per lei, un percorso necessario che le insegnerà ad aprirsi e a confrontarsi col mondo
reale.